Vere Isole, però...

Un merletto spettacolare di scogliere, spiagge e lagune a fare da richiamo per i camper e le attività all'aria aperta. Ma le isole della Madeleine sono anche uno strano arcipelago nel mezzo del Golfo di San Lorenzo: una strada le unisce, lingue e costumi le dividono.

Indice dell'itinerario

Motorhome, camper e trailer sono incolonnati in attesa d’imbarcarsi sul traghetto; la giornata uggiosa non fa presagire nulla di buono, e durante la traversata la pioggia scroscia fitta. Dopo cinque ore di navigazione, tra le nebbie del pomeriggio e il dondolio delle onde, compare il profilo delle Madeleine: si stenta a credere che ci sia vita su queste terre sperdute, ed invece ecco il porto e le prime case di Cap-aux-Meules, la più grande dell’arcipelago, otto isole maggiori e diversi isolotti uniti da sottili lingue di sabbia. Situate quasi al centro del Golfo di San Lorenzo (una delle baie più grandi del mondo, con un’estensione pari a quella dell’Inghilterra), negli ultimi anni sono diventate meta di camperisti canadesi, americani e, ultimamente, anche di quelli europei grazie al potenziamento dei collegamenti con le città di Montréal e Quebec City. Lungo circa 80 chilometri e largo 3 – di cui il 90% è territorio lacustre – l’arcipelago si sfrangia tra dune, colline verdeggianti e spiagge di sabbia bianca in un inconsueto ricamo geologico, unico al mondo e conosciuto soprattutto perché d’inverno vi nascono le bianche foche artiche (vedi PleinAir n. 365).
Cap-aux-Meules si trova quasi al centro dell’arcipelago, ed è da qui che inizia il nostro viaggio. Il campeggio, avvolto nelle nebbie di Gros Cap, si anima di turisti e mezzi appena sbarcati dal traghetto; il rumore delle onde che s’infrangono sulla scogliera giunge attutito nella dinette del camper e il finestrino, rigato dalle gocce di pioggia, fa pensare piuttosto ad atmosfere autunnali, anche se siamo in estate. Con questo tempo, una volta posizionato il camper e allacciati i collegamenti di luce, acqua e scarico, non ci rimane altro da fare che leggere la documentazione fornita dall’ufficio del turismo (ma per fortuna le previsioni meteo della radio locale danno tendenza a miglioramento). Dagli opuscoli apprendiamo che queste terre sono abitate dagli acadiens, nome dato ai coloni francesi che sbarcarono nell’arcipelago agli inizi del 1600 a seguito dei racconti e delle descrizioni riportate in Francia dall’esploratore Jacques Cartier.
Nel 1755, dopo la guerra contro gli inglesi, molti acadiens (o “senza patria” come furono chiamati in seguito) furono deportati in altre regioni del Nord America e il loro posto fu preso dai coloni inglesi. Solo qualche ostinato pescatore francese sfuggì alla deportazione nascondendosi sulle isole più remote dell’arcipelago; con il passare degli anni, le famiglie e le rispettive culture si radicarono ognuna nella propria isola accrescendo la separazione di lingua, religione e costume. Le divisioni rimasero tali anche quando, alla fine del 1800, l’arcipelago fu annesso alla regione canadese del Quebec, e ancora oggi gli oltre 13.000 abitanti conservano il bilinguismo e l’antico spirito dei senza patria. Scuole, tradizioni e culture sono distinte e stentano a compenetrarsi, a tal punto che i matrimoni misti tra madeleinesi di ceppo francese e inglese ancora non sono ben visti. In un mondo che tende a globalizzare tutto, gli acadiens della Madeleine non si sentono francesi né inglesi e neppure canadesi, al massimo ‘quebechesi’, ma per il solo fatto di appartenere amministrativamente a questa regione: per il resto ognuno, a modo suo, considera vera patria soltanto l’isola in cui vive.
Il tempo passa, non piove più e nel campeggio tutto tace; una fresca brezza oceanica lambisce la scogliera ormai celata dal buio. Nel camper, l’aria che esce dalle bocchette del riscaldamento accresce il senso di protezione e di rifugio della dinette… quindi tanto vale continuare a leggere.
L’arcipelago, a parte l’anglofona Ile de Entrée raggiungibile solo in barca, è composto da ex-isole ora collegate tra loro da un’unica strada asfaltata.
L’Ile du Havre Hubert, di lingua francese, è quella più a sud (in realtà gli isolani non indicano il sud e il nord ma l’est e l’ovest, e questo vale anche per la segnaletica stradale): chiamata anche “l’isola degli artisti”, è abitata dagli irriducibili che ne vorrebbero l’indipendenza insieme alla separazione del Quebec dal resto del Canada; la loro bandiera, il tricolore francese con una stella gialla sul fondo blu, sventola ovunque. La più moderata politicamente è invece la più grande, l’Ile du Cap-aux-Meules, anch’essa di lingua e tradizioni francesi. Qui si svolgono anche la maggior parte delle attività turistico-sportive.
Poco più a nord, collegata da un lungo ponte su un’area umida, si trova l’Ile du Havre-aux-Maisons, orograficamente la più movimentata: dalle sue colline si domina tutto l’arcipelago e belle passeggiate si delineano lungo le scogliere orientali.
Proseguendo s’incontra una grande laguna popolata da uccelli migratori e alte dune sabbiose che separano idealmente le comunità francesi da quelle inglesi, residenti su La Grosse Ile e su l’Ile de la Grande Entrée. Nel mezzo della laguna la minuscola Ile aux Loups segna il confine immaginario tra le due culture.
E’ ormai notte fonda, basta leggere: ce n’è a sufficienza per sollecitare la curiosità e andare a toccare con mano.Andata e ritorno
Al mattino la radio preannuncia sole nel pomeriggio e per tutto il resto della settimana. Dunque, malgrado la nebbia persistente, partiamo verso l’Ile du Havre Aubert. Dopo 9 chilometri di spiagge e dune, poco lontano dalle colline che dominano l’isola, s’incontra il paese di La Grave con le colorate abitazioni di pescatori trasformate in boutique e piccoli ristoranti. Entriamo in una galleria d’arte e un gioviale pittore francese, trasferitosi qui da qualche anno, mostra sorridente i suoi quadri: ovattate atmosfere e tramonti dai colori vivaci che fanno ben sperare nel prossimo sole.
“Tutto di sabbia” dice un cartello del successivo negozio che espone vasellame, lampade e perfino sculturine di balene e delfini interamente realizzate con la rena: merito di un ingegnoso ex insegnante dell’isola che, prendendo spunto dall’annuale concorso di castelli di sabbia che si svolge sulle spiagge del paese, anni or sono decise di impastarla con una resina indurente in modo da poterla modellare. Oggi la sua piccola azienda familiare produce oltre 300 diversi tipi di oggetti, un’idea davvero brillante visto che la materia prima abbonda e, manco a dirlo, è gratis.
Lasciamo il paese costeggiando il mare verso ovest, passiamo da Cap du Sud e da Cap Noire e risaliamo sulla Petit Montagne per poi ridiscendere verso la laguna di Havre-aux-Basques: 15 chilometri di scogliere e di soffici prati che le orlano interrompendosi bruscamente sul bordo delle falaise. Finalmente esce il sole ed esplode il contrasto fra il blu del cielo, il rosso delle rocce, il verde dell’erba. Dall’alto, il panorama della laguna contenuta tra due sottili lingue sabbiose e delle isole all’orizzonte, unite da una distesa di dune, è tra i più belli dell’arcipelago.
Ripercorrendo la strada che costeggia Plage du Cap raggiungiamo Havre aux Maisons dove, tra arzille vecchiette che lavorano all’uncinetto e scultori di pietra, incontriamo François, un soffiatore di vetro che dopo aver viaggiato per mezzo mondo ha deciso di ritornare sull’isola e qui avviare la sua attività artistica. Nel laboratorio, con annesso negozio, crea sul momento splendidi oggetti di vetro: piatti, bicchieri, pesci colorati e inconsueti medaglioni con conchiglie e stelle marine fuse nell’impasto.
Proseguendo verso nord e superato il ponte che collega le spiagge dell’est con quelle dell’ovest, si incontrano ben 18 chilometri di dune, il luogo ideale per chi ha voglia di sole e di relax. Al termine della lunga e vasta spiaggia cambiano lingua e abitudini: dal francese si passa all’inglese, dalle boutique artigianali alle industrie ittiche, come si nota chiaramente visitando i porti dell’Ile de L’Est e l’Ile de la Grande Entrée, dove decine di pescherecci scaricano ceste di astici e aragoste pronte a partire per tutto il Nord America. E’ un’industria fiorente che, grazie alle politiche di conservazione e alle acque ricche di plancton, dà lavoro a decine di famiglie.

Sport all’aria aperta
Ad integrare l’economia di base dell’arcipelago contribuisce, insieme al crescente turismo, anche l’offerta di originali attività sportive.
Seguendo uno sterrato tra le dune della costa occidentale, molto frequentato e ben indicato, si arriva sulla grande spiaggia L’Hôpital, prolungamento naturale dell’isola di Cap-aux-Meules, considerata da molti un luogo ideale per gli sport di vento. Situata all’imbocco della laguna di Havre-aux-Maison, quest’area risente dei forti venti provenienti dalla baia con il risultato di attirare appassionati di windsurf, kitesurf e non solo. All’interno della laguna, durante le ore di bassa marea, la distesa d’acqua si trasforma in una pista ideale per skateboard da sabbia trainati da fuoristrada o per lo spericolato buddy, un triciclo inventato in Nuova Zelanda che utilizza come motore l’aquilone del kite. Per non parlare poi delle escursioni in kayak e in mountain bike, degli emozionanti voli con il parapendio e delle uscite in laguna con piccole barche a vela… Insomma, grazie anche alle risorse del camper, non manca niente per una vacanza davvero dinamica in questa manciata di isole al centro del grande golfo.

Si ringraziano Raynald Paquet, direttore dell’ufficio del turismo del Quebec, Michel Bonato, direttore dell’ufficio del turismo delle Iles de la Madeleine, e la compagnia aerea Air Canada per il supporto fornito nella realizzazione del reportage.

PleinAir 378 – gennaio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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